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La luce è grazia: Ana Vega, "Origine"

Immagine del redattore: Orizzonte AtlanticoOrizzonte Atlantico

Origine esplora la tensione fra due istanze, luce e parola, delle quali la scrittrice e poetessa asturiana Ana Vega intuisce la complementarità nell'ambito speciale della guarigione intesa come ritorno all’origine di sé.


La luce – irruzione sì soave / e violenta, avvento originario ed originante che riforma ex abrupto lo spazio interiore – è il vero protagonista di questi versi, che sono poi altrettante variazioni sul tema dell’attesa laboriosa e fiduciosa della rinascita. Luce che cura, che è rivelazione improvvisa e totale di sé e del sé, che rivela a ciascuno il porto da cui si è salpati senza saperlo né volerlo, ciò che hai smesso d’essere / o di sognare / per poter continuare a vivere… (ecco qui l’origine!).


Luce come carica e ondata che ha però anche un altro significato: quello di interruzione (in positivo) di quel lento, paziente e minuzioso lavorio di ricerca (negativo) che è proprio del soggetto che scruta il proprio riflesso senza riconoscersi:


Limar finché si spezzi

questa pelle

o apparenza

che ha occultato

ogni principio dell’essere.


E ancora:


Far ritorno a una certa origine

sconosciuta,

un’infanzia spaccata

e una donna che poco

o nulla si riconosce

ora dinanzi allo specchio.


In quest’introverso scavare in direzione dell’origine, della luce, la parola si offre in quanto utensile, come àncora e faro, Cartografia dell’abisso / da percorrere. Non deve però sfuggire che il linguaggio è qui anche una presenza ambigua, redentrice solo in apparenza o in un senso che può essere afferrato solo riflettendo su due aspetti di questa dialettica.


Il primo: in quanto cartografia, il linguaggio è coscienza, al contempo, di posizione e di direzione, del luogo che si è diventati e della meta che si è stati, di distanze e non compresenze dunque, di tal fatta che lo scoccar della luce impone un vedere che è immediatamente ricordare (i piedi che crescono nel sottosuolo / fino a trovar la forma definitiva, / quella piccola orma d'infante, richiamano un chiaro regressus ad uterum). Vedere è camminare a ritroso.


Il secondo: la direzione di questo camminare a ritroso, proprio perché spinge verso quell’origine che antecede la parola stessa, può essere solo allusa dal linguaggio, mai nominata. Ma se la meta non si può “dire”, la mappa difficilmente potrà servire a disegnare la rotta; al limite, starà lì a suggerire una distanza. Lo stesso termine “luce” non è che nome improprio di un accadere intraducibile e innominabile. Ed ecco qui tutta la drammaticità di un destino peraltro ben noto ad ogni mistica: quel lavorio può solo preparare, mai determinare, lo scoccar della luce; quel lavorio, pur indispensabile, non può essere più che preparazione e attesa. Fra il lavorio della parola e l’irruzione della luce è fatale una discontinuità: ora et labora, ma in definitiva, la luce è grazia.


Alberto Asero


Ana Vega, "Origen": Premio Letterario Internazionale Indipendente, 2019, settima edizione: poesia, primo premio (poesia inedita).

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