Sullo sfondo della Cuba di fine secolo, respira la dialettica di due gemelle senza nome che, nate in un paese di campagna, il tempo della vita spingerà a differenziarsi e il tempo della morte tornerà ad unire. Una si tingerà i capelli di nero, l’altra si farà bionda; una studierà Economia, l’altra Letteratura, una si sposerà con un vicino e resterà nel paese natale, diventando la narratrice di questa storia, l’altra (la hermana) si sposerà con un forestiero e partirà per La Habana diventando, a sua insaputa, la protagonista. Punto di fuga è il matrimonio di quest’ultima che, avvenuto “in un giorno qualunque”, segnerà l’inizio di una storia particolare ed universale ad un tempo, nella quale tutto succede sotto la legge alienante “di un demente andare e venire […], una marcia da fachiri su vetri aguzzi”.
E difatti tutto succede lungo i 300 km di Autostrada Nazionale che corrono fra il paese natale delle due donne e La Habana - o, meglio, fra il ponte di Neiva, nei pressi di quel paese, e il ponte degli anelli, punto di raccordo all’ingresso della capitale - che la sorella, abbandonata dal marito e costretta a convertirsi in contrabbandiera, percorre avanti e indietro, accompagnata dal figlio e circondata da viandanti come lei: senza nome, senza volto, senz'altra certezza che quella di appartenere a quell'andare e venire. Sospesi fra realtà e immaginazione, animati da un'irriducibile ambiguità, i ponti che punteggiano l'Autostrada Nazionale (e idealmente tutti i ponti del mondo) sono più di semplici ponti: ognuno di loro è “l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine di ogni esistenza, di qualsiasi storia”. Ed ecco che i ponti assurgono ad unici significanti stabili nella mappa di un mondo che non riposa mai, simbolo al contempo di desiderate riunificazioni e di una speranza difficile da coltivare sull'asfalto rovente - però anche motivo d'angoscia, perché possono occultare quelle altre marionette della Storia che sono los azules (la polizia), schiavi dello stesso andare e venire il cui senso non suona meno falso di quello dello slogan che si affaccia dal ponte di Pedro Pi, "All'unità dobbiamo ciò che siamo". (A proposito di simboli, colpisce che manchi un ponte proprio fra le due sorelle: distanti però al contempo unite in un regressus ad uterum che forse è l'autentico motore di tutta la storia, più in là e più in alto di quel "demente andare e venire".)
La gente se muere huyendo de la muerte, se muere de tanto buscar la vida fuera de ellos mismos, fuera de su vida.
Con il suo stile coscientemente realista e magistralmente poetico, Sonia Díaz Corrales mostra un mondo reale e fantastico allo stesso tempo, in cui il valore - “che a volte è come un cristallo, che se viene esposto al sole riflette tutti i colori della vita, o come un filo luccicante che ti lega a qualcosa, e che se anche non lo puoi vedere, o comprendere, è sempre lì” - sembrerebbe essere la linfa stessa della vita.
Alberto Asero
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